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"Tempo tuta" e orario di lavoro, Corte di Cassazione ord. n. 505, 11 gennaio 2019.

Nella esaminata ordinanza viene applicato il principio di diritto, conforme alla precedente giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui, nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo necessario ad indossare la divisa rientra nell'orario di lavoro soltanto se è assoggettato al potere conformativo del datore di lavoro.

Ciò può derivare o dalla esplicita disciplina di impresa o, implicitamente, dalla natura degli indumenti o dalla funzione che essi devono assolvere, tali da determinare un obbligo di indossare particolare divisa sul luogo di lavoro.


La Suprema Corte chiamata a decidere una vicenda riguardante lavoratori di Fincantieri spa, circa la richiesta di remunerazione di 30 minuti giornalieri necessari ad indossare, o levare la tuta da lavoro, nonché a fare la doccia, richiama esplicitamente la propria precedente decisione in materia, n. 7738 del 28 marzo 2018, in cui aveva chiarito che il tempo necessario per indossare la divisa aziendale dovesse essere retribuito, a condizione che la procedura di “cambio” risultasse eterodiretta dal datore di lavoro e cioè quando sia stato quest’ultimo a disciplinarne il tempo e il luogo di esecuzione.

Nel caso in cui, invece, il dipendente abbia facoltà di scegliere quando e dove cambiarsi il periodo necessario per tale operazione non determina obblighi retributivi, trattandosi di comportamenti parte integrante degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento della prestazione lavorativa.

Già nella decisione del 2018, la Suprema Corte aveva precisato che il concetto di eterodeterminazione va inquadrato nella esplicita disciplina di impresa, oppure nella natura degli indumenti da indossare; con alla base sempre la valutazione della disciplina contrattuale specifica, si pensi alle ragioni di igiene imposte dalla prestazione, capaci di determinare l’obbligo di indossare particolari indumenti.

Nel caso di specie della decisione del 2018, infatti, si trattava del tempo di vestizione di alcune addette ad un sevizio mensa e la Corte di Appello, poi confermata dalla Corte di Cassazione, aveva ritenuto che tale tempo rientrasse nel normale orario di lavoro, pertanto da ritenersi da remunerare alle lavoratrici, assumendo tale attività preparatoria connotati di attività eterodiretta.


Tanto premesso, risulta coerente la recente decisione della Corte di Cassazione del 2019, ritenendo che i 30 minuti giornalieri necessari ad indossare o levare la tuta di lavoro, nonché a fare la doccia, costituiscono mere attività preparatorie al lavoro e, come tali, liberamente assolvibili anche nelle rispettive abitazioni, quindi non da considerarsi orario di lavoro remunerato.


Tali conclusioni risultano peraltro in linea con la posizione della giurisprudenza europea; la Direttiva 2003/88/CE infatti aveva già dichiarato che il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale rientrasse nell’orario di lavoro, per tale ragione retribuito, solo nell’ipotesi in cui emerga un potere di conformazione del datore di lavoro, ovvero nel caso in cui la procedura di cambio d’abito si stata regolata dal datore di lavoro con apposite disposizioni, ciò anche in relazione alla specifica natura delle mansioni da svolgersi.

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